LO SCAVO ARCHEOLOGICO DEL RELITTO DI SCAURI NELL’ISOLA DI PANTELLERIA

Scauri costituisce uno dei tre luoghi più idonei all’approdo dell’intera isola. E’ perfettamente protetto dal vento di Maestrale e da tutti i venti settentrionali; al contrario l’area diventa pericolosissima con i venti di Scirocco. In merito alla presenza di cospicue concentrazioni di ceramiche proprio all’ingresso dell’attuale porticciolo, il Gruppo d’Indagine Archeologica Subacquea Sicilia (ex GIASS, ora Servizio per il Coordinamento delle Ricerche Archeologiche Subacquee) organizzò nel 1997 una campagna di ricerche, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Trapani e la Guardia di Finanza. Quel primo contatto con il sito permise di constatare l’intensa presenza di frammenti ceramici ed anche di alcuni oggetti integri in un’area discretamente estesa quasi al centro dell’imboccatura del porto di Scauri, su un fondale sabbioso compreso tra m 6 e 10 di profondità.

L’inizio degli scavi consentì l’individuazione delle tracce di un vero e proprio relitto. Lo scavo fu condotto dal Servizio per i Beni Archeologici della Soprintendenza per i beni Culturali ed Ambientali di Trapani e dal Servizio per il Coordinamento delle Ricerche Archeologiche Sottomarine in collaborazione con la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Bologna. Una fattiva e concreta collaborazione è stata sempre offerta dal Comune di Pantelleria, dall’Archeoclub d’Italia (sede di Pantelleria) e dalla famiglia Di Fresco, proprietaria di Mursia & Cossyra Hotels.

Finora sono state condotte campagne di scavo (1999, 2000, 2001, 2002) finalizzate alla comprensione dell’esatta natura del contesto mediante indagine stratigrafica estensiva. Con lo scavo sono venuti in luce abbondanti ceramiche, anche integre, nonché una ricca varietà di reperti di vario tipo e natura. I reperti recuperati consistono nella quasi totalità in tre tipologie di oggetti: pentole cilindriche a fondo arrotondato e lati convessi con prese ad orecchia, scodelle tronco-coniche con base piatta ed orlo rivoltato e coperchi con presa a disco. In misura molto minore figurano alcune anfore del tipo “late roman” 2 ed africane grandi, alcuni frammenti di piatti in ceramica “sigillata africana D” con decorazione stampigliata a palmette e segmenti paralleli ed alcuni frammenti di lucerne africane con decorazione a palmette. Sono presenti anche numerosissimi frammenti di vasi, bottiglie e bicchieri in vetro. Ai bisogni di bordo sono da attribuire alcune macine piatte con foro centrale in pietra bianca porosa estranea all’isola di Pantelleria e numerosi resti di fauna (soprattutto denti) pertinenti ovicaprini.

Tra i reperti particolari è interessante un’epifisi di bovino fortemente levigata, attraversata da incisioni distali e decorata da tre fori simmetrici per lato. L’interpretazione dell’oggetto non è possibile con certezza anche per la mancanza di confronti, tuttavia è probabile che si tratti di un elemento utilizzato per effettuare un gioco (del tipo di quello che si fa con i dadi) o di un amuleto, facente parte del corredo personale da marinaio.

Di analoga natura è un anellino d’argento con castone di corniola decorato da freccia incisa ed un vago di collana in vetro verde. Ciò che colpisce è il tipo di sedimento che si incontra scavando e che costituisce il deposito che accoglie i resti del carico. Talvolta una polvere cinerea grigi-nerastra impalpabile, ma pesante e consistente, avvolge i reperti dando l’impressione evidente di costituire derivato di sostanze combuste.  A volte tra le ciotole ed i coperchi che si trovano uno sull’altro in evidente giacitura originale si nota la presenza di un sedimento ancora più compatto che si sbriciola con una leggera pressione e che con molta probabilità è ciò che resta di una sostanza vegetale ancora irriconoscibile con esattezza, ma che potrebbe essere paglia fine adoperata per ammortizzare il carico di terraglie.

Dello scafo ancora pochissimo si è rinvenuto. Si sono, infatti, trovati alcuni elementi lignei sporadici privi di alcuna apparente logica contestuale. Di essi alcuni sono piccoli frammenti di tavole di cui è impossibile comprendere la localizzazione dello scafo. E’, ormai, certa l’attribuzione del contesto sondato ad un relitto di imbarcazione di medie dimensioni affondata intorno alla fine del V secolo d.C. A proposito delle dinamiche dell’affondamento, è verosimile che la causa del disastro sia stato un incendio poiché, come specificato in precedenza, le ceramiche sono state spesso trovate a gruppi ed inserite in un sedimento cinereo: un evento traumatico sconvolse le normali operazioni di carico determinando la distruzione dell’imbarcazione. Per quanto attiene alla possibile rotta che l’imbarcazione doveva seguire, al livello di pura ipotesi di lavoro, la presenza di frammenti di piatti di “sigillata africana” potrebbe indicare un porto di partenza africano, uno scalo a Pantelleria per caricare una consistente partita di “pantellerian ware” ed un probabile proseguimento verso la Sicilia.